Disturbi dell’età evolutiva

L’età evolutiva comprende quella fase del ciclo di vita che inizia nell’infanzia e arriva fino all’adolescenza. In questo arco di tempo l’individuo intraprende un percorso di crescita caratterizzato da cambiamenti fisici, cognitivi, emotivi, ambientali e dall’acquisizione di nuove competenze. È possibile che durante tale percorso si manifestino delle difficoltà, che in alcuni casi possono risolversi nel tempo, mentre altre volte si stabilizzano in un vero e proprio disturbo.
Disturbi dell’età evolutiva
Tali compromissioni nel normale processo di sviluppo, associate alla manifestazione di sintomi emotivi e comportamentali rappresentano la conseguenza dell’interazione di diversi fattori, in particolare biologici, psicologici e ambientali, che agiscono all’interno dei diversi contesti in cui il bambino è inserito. Per poter comprendere il disturbo del bambino e iniziare un intervento è quindi necessario prendere in considerazione e valutare tutti questi fattori in una fase preliminare di assessment. Di seguito verranno presentati alcuni dei disturbi più frequenti in età evolutiva:
- Disturbo d’ansia da separazione
- Mutismo selettivo
- Disturbi alimentari infantili
- Disturbo da deficit d’attenzione ed iperattività (ADHD)
- Disturbo oppositivo provocatorio
- Depressione infantile
Disturbo d’ansia da separazione
Rappresenta il disturbo d’ansia più frequente durante l’infanzia, soprattutto in età scolare. Alla base di tale quadro sintomatologico è riscontrabile una paura eccessiva del distacco dalle principali figure di attaccamento, che si manifesta attraverso una serie di comportamenti finalizzati ad evitare la separazione.
I bambini che presentano questo disturbo possono esprimere disagio durante le separazioni dai genitori attraverso crisi di ansia, lamentele e pianto. Spesso è presente la preoccupazione che possa accadere qualcosa di dannoso alle figure di attaccamento, ad esempio un incidente stradale o una grave malattia, o che si verifichi un evento avverso, come un rapimento o perdersi, che possa separarlo dai genitori.
Il bambino con disturbo d’ansia da separazione evita di uscire per andare a scuola o per dormire da un amico e non vuole rimanere a casa o in altri ambienti se non sono presenti le figure di attaccamento. A volte la presenza del genitore viene richiesta anche durante le ore notturne o nella fase di addormentamento. Possono essere presenti, inoltre, frequenti incubi sul tema della separazione ed il bambino può manifestare alcuni sintomi fisici, come mal di testa, dolori di stomaco, nausea e vomito quando è previsto il distacco dalle figure di attaccamento.
Mutismo selettivo
Fa parte dei disturbi d’ansia ed il suo esordio avviene solitamente nell’infanzia. I bambini con mutismo selettivo sono incapaci di parlare in situazioni sociali specifiche, ad esempio a scuola, mentre hanno un normale eloquio in altri ambienti, soprattutto a casa con i genitori. Tale comportamento non è dovuto ad un atteggiamento oppositivo né rappresenta un modo per attirare l’attenzione, ma è collegato ad un’ansia eccessiva che il bambino prova in determinati contesti.
Tra i fattori che incidono sullo sviluppo di tale quadro sintomatologico, sono stati riscontrati sia aspetti biologici, in particolare un temperamento di base timido e cauto, sia caratteristiche ambientali specifiche, come la chiusura sociale del nucleo familiare.
Il mutismo selettivo è un disturbo che può comportare un difficile adattamento del bambino, soprattutto all’interno dell’ambiente scolastico. È sconsigliato reagire tramite punizioni o rimproveri, in quanto questo atteggiamento porterebbe ad una maggiore ansia, è invece utile creare un ambiente che sia il più possibile accogliente e che miri a mettere a proprio agio il bambino. L’intervento prevede un lavoro con il bambino, con i genitori e all’interno del contesto scolastico.
Disturbi alimentari infantili
La nutrizione nei primi anni di vita rappresenta un ambito di sviluppo importante non solo per la crescita fisica del bambino, ma anche in quanto rappresenta una delle prime occasioni di scambio affettivo e relazionale tra la madre ed il piccolo. Ad esempio durante l’allattamento è possibile osservare un vero proprio dialogo fatto di pause, mimiche, respiri e vocalizzi, in cui ciascun membro della diade cambia il proprio comportamento per adattarlo a quello dell’altro. Nei disturbi alimentari della prima infanzia tale interazione risulta compromessa e l’alimentazione diventa un momento difficile sia per il bambino sia per il genitore. All’interno di questa categoria possono essere individuate una varietà di problematiche complesse ed eterogenee.
La Classificazione Diagnostica 0-3 (descritta nel ‘National Center for Clinical Infant Programs’ 2005), ad esempio, descrive sei categorie di disturbi alimentari infantili tipici dei primi tre anni di vita, che vanno ad integrare la classificazione del DSM 5.
- Il primo è il Disturbo alimentare legato allo stato di regolazione. In questo caso il bambino manifesta difficoltà a raggiungere e a mantenere uno stato di calma durante il pasto. La nutrizione diventa un’impresa difficile per il genitore perché il figlio durante l’allattamento si mostra agitato e si distrae spesso o al contrario è eccessivamente assonnato e tende ad addormentarsi. Ne consegue un’introduzione di cibo non sufficiente ad una crescita sana.
- Segue il Disturbo dell’alimentazione legato alla reciprocità caregiver-lattante. Il bambino con tale quadro sintomatologico non mostra segni di reciprocità sociale appropriati allo sviluppo, ad esempio aggancio visivo, sorriso e vocalizzi con il caregiver primario durante l’alimentazione e presenta un significativo deficit di crescita. Il momento del pasto avviene in assenza di intimità, di contatto fisico e di scambi affettivi.
- Il terzo disturbo descritto dalla Classificazione 0-3 è l’Anoressia infantile. Il bambino in questo caso rifiuta attivamente di mangiare un’adeguata quantità di cibo per almeno un mese. Solitamente sono bambini che non comunicano la fame, manifestano poco interesse per il cibo e rivolgono l’attenzione principalmente all’ambiente. L’interazione con il genitore durante il pasto spesso diventa molto conflittuale e può essere riscontrata una vera e propria lotta per ottenere il controllo sull’alimentazione.
- Nell’Avversione sensoriale per il cibo, invece, il bambino rifiuta in modo coerente di mangiare cibi con uno specifico gusto, consistenza, e/o odore. L’esordio del rifiuto del cibo si verifica durante l’introduzione di un nuovo tipo di cibo, tuttavia il bambino mangia senza difficoltà quando gli vengono offerti i cibi preferiti. Nei bambini con tale disturbo il rifiuto del cibo a lungo andare può causare specifici deficit nutrizionali o un ritardo nello sviluppo della motricità orale.
- Il quinto è il Disturbo dell’alimentazione associato a condizioni mediche. In tale disturbo il bambino comincia volentieri a mangiare, ma mostra angoscia nel corso di essa e si rifiuta di continuare a mangiare. In questi casi un problema medico coesistente è in parte responsabile del problema alimentare, tuttavia l’intervento medico migliora ma non allieva completamente le difficoltà della nutrizione.
Infine viene descritto il Disturbo dell’alimentazione associato a insulti del tratto gastrointestinale. In questo caso il rifiuto del cibo segue un evento avverso importante in cui il bambino ha avuto problemi all’orofaringe o al tratto gastrointestinale, ad esempio soffocamento, vomito grave, reflusso, introduzione di sondino nasogastrico o intubazione endotracheale, aspirazione. (CIT. DSM 5: Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi psichiatrici, APA 2013)
I ricordi dell’evento traumatico causano angoscia, che può essere manifestata in uno o più dei seguenti modi: il lattante mostra angoscia anticipatoria quando viene messo nella posizione per l’alimentazione, il bambino si oppone intensamente quando il genitore si avvicina a lui con il cibo o con il biberon e mostra un’intensa resistenza a deglutire il cibo introdotto in bocca.
Disturbo da deficit d’attenzione ed iperattività (ADHD)
Nel DSM 5 è incluso tra i Disturbi dirompenti, del controllo degli Impulsi e della condotta e si manifesta con sintomi di disattenzione, impulsività ed iperattività. (CIT. DSM 5: Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi psichiatrici, APA 2013)
I bambini con questo disturbo presentano difficoltà a mantenere la concentrazione su un compito per un lungo periodo, tendono a farsi distrarre facilmente dagli stimoli esterni e il più delle volte non riescono a portare a termine il lavoro. Durante le attività sono poco organizzati, curano poco i dettagli, commettono errori di distrazione e non seguono le istruzioni date dagli adulti. Spesso dimenticano gli oggetti e sembrano non ascoltare quando qualcuno gli parla.
I bambini con ADHD inoltre sono spesso irrequieti, non riescono a stare seduti per un tempo prolungato e si muovono in continuazione. Anche l’eloquio può essere eccessivo e quando in classe la maestra fa una domanda hanno difficoltà ad aspettare il loro turno, oppure rispondono prima che la domanda sia stata completata. Spesso inoltre interrompono gli altri durante una conversazione o si intromettono nelle attività dei compagni o degli adulti.
Questi bambini possono andare incontro a difficoltà di adattamento all’interno dell’ambiente sociale e scolastico. Spesso rappresentano infatti degli elementi di disturbo all’interno della classe, in quanto interrompono le lezioni continuamente, non rispettano le regole e distraggono gli altri. I coetanei, rimanendo infastiditi da alcuni comportamenti del bambino, lo possono escludere dalle conversazioni o dal gioco. Anche il rendimento scolastico, a causa delle difficoltà di concentrazione, può risultare compromesso. Tutti questi fattori con il tempo possono incidere in modo significativo sull’autostima del bambino, contribuendo allo sviluppo un’immagine di sé negativa.
Disturbo oppositivo provocatorio
I bambini con tale disturbo si arrabbiano spesso e provano rancore con facilità. Nei confronti degli altri hanno solitamente un comportamento ostile e provocatorio. Spesso, infatti, sono bambini vendicativi, sfidano i genitori o le figure autoritarie, cercano di irritare l’altro e accusano gli altri per i propri errori o per il proprio cattivo comportamento.
Depressione infantile
Da sempre la depressione è considerata un disturbo tipico dell’età adulta. Solo negli ultimi anni i clinici hanno iniziato a riconoscere e a studiare le manifestazioni della depressione anche nei bambini e negli adolescenti. Durante il periodo infantile la depressione si esprime attraverso un tono dell’umore basso e una forte irritabilità che si manifesta in alcuni casi tramite espressioni di rabbia.
L’interesse ed il piacere per le attività tipiche della fascia d’età del bambino diminuiscono e vengono ridotte le interazioni con i coetanei. Diminuisce anche la reattività rispetto alle frustrazioni e la capacità di protestare. Il sonno e l’alimentazione subiscono delle alterazioni, ad esempio il bambino può mangiare eccessivamente o mostrare scarso appetito. A scuola questi bambini hanno difficoltà a concentrarsi sui compiti e sembrano essere poco interessati allo studio.